Biblioteca A. Torri - Cenni biografici

Scheda a cura di Renato Nisticò

 

Alessandro Torri (in origine, in effetti, Turri) è stato uno straordinario e forse trascurato protagonista della vita letteraria prima veronese poi fiorentina e quindi pisana dei primi decenni del secolo XIX. Era nato a Verona nel 1780 in una famiglia di civile condizione, come si diceva allora, non ricca ma in contatto con gli ambienti nobiliari – contatto che nel corso della sua vita il Torri cercò di mantenere vivo nonostante le sue idee liberali. A Verona aveva ricoperto diverse cariche pubbliche, partecipando ai travolgenti eventi politici a cavallo dei secoli XVIII e XIX. Di decise posizioni anticlericali, fu fra i fondatori della prestigiosa e tutt’oggi operante Società Letteraria di Verona (1808). Dopo gli eventi del 1814 (caduta di Napoleone e successiva Restaurazione), abbandonò le cariche pubbliche.

Frequentò il salotto di Anna Serego Alighieri attorno al quale si coagulò il primo nucleo risorgimentale della città. In quegli anni Torri apprese l’attività cui poi rimase più legato cioè quella di editore-libraio e di studioso della tradizione bibliografica e di curatore di testi. Perché tormentato da un funzionario della polizia austriaca, decise di espatriare da Verona, nel disappunto di molti illustri concittadini come Ippolito Pindemonte, Giuseppe Zamboni e Andrea Maffei che il 26 maggio 1822 gli sottoscrissero un attestato di pubblica lode. Torri soggiornò poi per quattro anni a Firenze, dove conobbe e frequentò Giovanni Pietro Vieusseux, e quindi nel 1826 approdò a Pisa dove sarebbe rimasto, nel periodo più florido e produttivo dal punto di vista intellettuale della sua vita, fino al 1861, l’anno in cui morì, tranne alcuni brevi ritorni a Verona. Qui divenne socio dell’editore libraio e letterato Giovanni Rosini (titolare della Tipografia Capurro, dal nome di uno dei suoi lavoranti). A questo sodalizio si deve l’opera forse più importante e controversa del Torri (insieme alle Opere minori di Dante, che Torri pubblicò con altri editori), cioè l’edizione dell’Ottimo commento della Divina Commedia. In seguito alla rottura col Rosini, Torri passò poi alla stamperia del Lischi. In quel periodo, pur rimanendo sorvegliato dalla polizia che «lo riteneva un massone legato alla Loggia veronese e un attivo carbonaro e quindi un «acerrimo nemico del Governo austriaco”» [1], ricoprì diverse cariche pubbliche. Fu segretario dell’Istituto Infantile di Pisa, e socio corrispondente da Pisa di diverse Accademie, nonché animatore del fortunato Nuovo giornale de’ letterati.

In complesso, Torri va ricordato come un importante bibliografo-editore dell’età della Restaurazione e del Risorgimento nazionale, e la sua maggiore attività sul piano storico è da considerare «il suo valido aiuto dato agli studiosi veronesi, toscani e nazionali»[2]; più che la diretta elaborazione di contenuti intellettuali.
Dal punto di vista di studioso di cose dantesche egli va collocato sul piano storico in quel fervido periodo che precede e annuncia l’attestarsi di un metodo critico scientifico discendente dalla moderna filologia e segue e risolve la tradizione degli umanisti eruditi, antesignani delle edizioni dei classici. Si attirò diverse critiche da parte degli studiosi contemporanei più avvertiti, però bisogna sottolineare come la sua edizione dell’Ottimo commento rimanga tutt’oggi l’unica benché contestata, importante al punto che si è avvertita l’esigenza di farne una ristampa anastatica: L'ottimo commento della Divina commediaTesto inedito d'un contemporaneo di Dante, a cura di Alessandro Torri, ristampa con prefazione di Francesco Mazzoni, Bologna, Forni, 1995; e che i lavori sulle altre opere, come quello sulla Vita nova, risultano ancora tutt’altro che disprezzabili. Scriveva il D’Ancona che l’edizione dantesca del Torri era al tempo «ricca di confronti e di osservazioni, e sarà sempre la miglior guida per avere un testo stabile e fermo delle opere in essa contenute, desunto dal meglio di tutti i codici e di tutte le stampe. Né è da tacere che la fortuna tanto arrise al Torri da fargli ritrovare un esemplare della rarissima edizione delle Tesi sostenuta da Dante sull’acqua e sulla terra nel 1320 in Verona … »[3].

Per la sua attività di editore ebbe Torri ebbe contatti con figure come Leopardi, Manzoni, Giusti, Da Ponte. Oltre alle già menzionate edizioni di opere dantesche, ricordiamo almeno la cura delle poesie di Pindemonte, la Novella di Giulietta e Romeo di Da Porto, l’Elegia su un cimitero campestre di Thomas Gray e l’Imitazione di Cristo da Torri ancora attribuita a Thomas Gersen.

[1] SIMONI, Pino, Profilo bio-bibliografico di Alessandro Torri, «Studi storici Luigi Simeoni», v. XLII (1992), pp. 117-146, qui p. 121

[2] ivi, p. 123

[3] D’ANCONA, Alessandro, Cenno necrologico, “La Nazione”, 19 giugno 1861